MACAO – Luci e ombre della Cina lusitana

Prima di tornare in Italia, dal percorso overland iniziato in Turkmenistan, sento il bisogno di rivedere la minuscola e affascinante enclave lusitana di Macao, ex colonia portoghese che ho conosciuto qualche tempo prima fosse restituita alla Cina. Affacciata sul Mar Cinese Meridionale, a un’ora di aliscafo dalla sorella britannica Hong Kong, Macao è legata al continente da uno stretto istmo sabbioso e unita alle due isole di Taipa e Coloane da ponti e terrapieni, per un totale di appena 23 kmq (circa un terzo di San Marino). Come Hong Kong, è tornata ad essere cinese pur mantenendo un’ampia autonomia. Un paese, dunque, e due sistemi sociali che hanno preso il via all’alba del 2000, l’anno del drago, simbolo del rinnovamento. La Nuova Era ha saggiamente preservato il patrimonio storico, artistico, culturale e soprattutto ludico della città, ampliando quel paradiso fiscale legalizzato riservato specialmente ai giocatori d’azzardo. Una selva di casinò e sale da gioco con proventi di gran lunga superiori a quelli di Las Vegas, che è la capitale del vizio citata spesso quale punto di riferimento e di confronto. D’altronde, l’economia del territorio è fortemente basata su gioco e turismo.

La competizione più “insidiosa” è però quella con la frenetica Hong Kong. A Macao i ritmi del tempo scorrono più lenti e i cinesi hanno imparato ad apprezzare la cadenza pacata dei loro ospiti latini. A quaranta miglia, inglesi e cinesi hanno creato la metropoli che non conosce soste; al contrario, l’indole dei portoghesi è legata alla filosofia dei tempi lunghi, alle giuste pause, magari seduti davanti a un bicchiere di Porto.

Al lustro e immacolato Hong Kong China Ferry Terminal, in cima a Canton Road, si acquista il biglietto per Taipa/Macau (euro 27 a/r) e si passa il controllo doganale, dove viene timbrata l’uscita dal paese. Lungo questo breve e piacevole tratto di mare, tra costa e isole, colpisce il viavai di possenti aliscafi turbo che fa la spola in perpetuo tra le due ex colonie, giorno e notte.

L’approdo a Taipa è ugualmente ben organizzato: viene timbrato l’ingresso, come in un qualsiasi paese sovrano, e i pulmini navetta conducono gratuitamente in città attraverso il ponte dell’Amicizia, che scavalca il mare e offre la suggestiva veduta di moderni palazzi affacciati su una baia particolarmente luminosa, quasi abbagliante. Luce dei tropici. La corsa termina nel sotterraneo del Gran Casino Lisboa, in assoluto il più grande casinò al mondo, meta obbligata per tutti gli high roller (grossi giocatori) internazionali. Sfarzo sfrenato e sale sterminate gremite di giocatori: pare che ogni tavolo generi un profitto dieci volte maggiore rispetto a quello di Las Vegas. Unico neo, la fitta coltre di fumo da sigarette, ma qui si può entrare in ciabatte, senza documenti o fumare sigari cubani purché si giochi! Al suo interno, ben dieci ristoranti. Ho fotografato anche i bagni pubblici: mai visti di più sontuosi. È però dall’esterno che questo bizzarro grattacielo dorato a forma di loto regala una visione unica, originale, splendente e sorprendente. Vistoso o glamour pacchiano, tuttavia rimane un mirabile punto di riferimento per orientarsi in città: ancor più la sera quando si illumina a giorno.

Pochi passi alle sue spalle e comincia il nucleo della città vecchia, con l’architettura che racconta la storia di questo lembo di terra abitato da portoghesi dalla metà del XVI secolo. All’altezza di Avenida Almeida Ribeiro chiedo in giro e rimedio subito una linda cameretta all’Augusters Lodge, crocevia di viaggiatori dal badget limitato: Rua Do Pedro Jose Lobo 24, sopra al negozio di telefoni CTM.

Cuore, piazza simbolo e punto di partenza per visitare la Macau storica è il Largo do Senado, con gli edifici color pastello, le facciate ordinate, il porticato e la pavimentazione a mosaico bianca e nera, che disegna onde e riporta la mente al famoso lungomare di Copacabana. Quando arrivo c’è grande festa con musica ed è in atto la “danza del drago”, animale mitologico che impersona forza, dignità e mille altre cose: una fila di uomini in giallo sorregge il lungo corpo del drago con delle aste, imitando i movimenti dello spirito delle acque in maniera sinuosa e ondeggiante li segue un muro di turisti, perlopiù asiatici, che applaude, urla, filma e fotografa ogni gesto. In fondo, l’altra incantevole piazzetta del Leal Senado, sede del Municipio e dell’ufficio del sindaco. La biblioteca vanta una vasta collezione di testi ed è arredata con mobilio pregiato in legno intarsiato. Nel piazzale appresso mi trovo davanti all’armonica facciata barocca della chiesa di Sao Domingos, che fu il primo tempio cattolico della colonia eretto nel 1587. Tutt’attorno l’antiga cidade, una Lisbona in miniatura con decine di siti, tra edifici e piazze, dichiarati patrimonio dell’Umanità dall’Unesco.

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