Diario delle Seychelles – L’incontro con Valentina
Da Mombasa, dopo 2 ore e 40 di volo e 1500km sul blu dell’oceano Indiano, alle 20:20 atterriamo sulla pista a bordo mare dell’aeroporto internazionale voluto da Her Majesty Queen Elisabeth II nel 1972. Siamo a Mahé, l’isola principale dello stato-arcipelago della repubblica delle Seychelles, 10 km a sudest della capitale Port Victoria. Dogana “spiccia”, controllano lo zaino a cui sopra, in bella vista, ho messo alcuni ramoscelli di kat. Lo conoscono, fanno un sorriso e non dicono nulla. Nonostante il telegramma sul nostro arrivo inviato due giorni prima, Valentina e Angelo Valente non sono venuti a prenderci all’aeroporto. Erano così ansiosi di vederci, strano…! Forse non lo hanno ricevuto. Sappiamo che alloggiano al Dolphin Court, andremo a cercarli, ora compriamo un po’ di valuta locale nella banca del Terminal dove, per 1 dollaro, ci danno 6 rupie.
Il Dolphin Court dista una decina di chilometri a sud dell’aeroporto, il taxista chiede 35 rupie. Giungiamo al Dolphin troppo tardi e non sappiamo a chi rivolgerci. Questo è un residence senza reception, composto da tante villette statali numerate, abitate da stranieri che lavorano per il governo. È strano che dei turisti, come Valentina e Angelo, siano riusciti ad alloggiare qui, a meno che non siano ospiti di qualche impiegato. Siamo costretti a bussare discretamente ad un paio di porte per chiedere informazioni, in una delle quali ci apre una disinvolta ragazza olandese completamente nuda che, divertita per la sorpresa, subito si copre. Dopo varie domande scopriamo che Valentina ed Angelo erano ospiti di Mario, medico stipendiato dal governo, e della moglie Clotilde (Tilde) alla villetta numero 3, ma il giorno prima sono partiti.
La notte avanza e dobbiamo ancora decidere dove dormire, ma siamo fortunati: a 500 metri dal lussuoso Reef Hotel troviamo alloggio in un cottage sulla spiaggia della Guest-house Retraite, forse una delle più spartane dell’isola. Costa però 170 rupie, 30 dollari circa. Dettaglio che, per noi obbligati ad essere oculati, ci rivela di essere entrati nel paese più caro finora attraversato. Il titolare conferma: “Alle Seychelles è tutto caro, per motivi politici il nostro governo preferisce importare da paesi lontani, come Gran Bretagna, Australia e Giappone piuttosto che dal Sudafrica … gli operai però guadagnano solo 2,50 rupie all’ora”. La gente qui, per natura, non sembra tanto incline alle proteste, anzi, ha un’aria tranquilla, bonacciona e preferisce stonarsi con l’alcol, sul genere easy life: “Don’t worry, be happy”.
Lunedì 30 aprile dopo un veloce bagno, tanto per approfittare dell’oceano “sotto casa”, prendiamo il bus per Victoria, distante una ventina di chilometri, città che raduna il 90% dei 65mila abitanti dell’intero arcipelago, formato da ben 115 isole. I bus sono piccoli e non si può stare in piedi, si sale solo se c’è posto a sedere.
Sul bus conosciamo Giacomo Albrieux, detto Mino, e Maura, giovani sposi di Genova che viaggiano con una coppia di coniugi somali. Sono stati a Mogadiscio e a Kisimaio per commercio di prodotti alimentari e confermano che in Somalia si sta benissimo. Purtroppo, raccontano che per i bombardamenti etiopi ci sono molti morti anche tra i bambini: “Molti somali varcano il confine con L’Ogaden per andare a fare atti di guerriglia”. Il suo amico somalo, Abdulai, dicono sia ricchissimo, proprietario di ville lussuose anche in Italia e appartenente ad una potente tribù con membri inseriti anche al governo. Sono venti giorni che viaggiano assieme e Mino e Maura non ne possono più dei due amici somali: “Fanno sesso in continuazione, lei indossa chili d’oro ma è sempre scostante e insoddisfatta, mentre lui è uno sciocco, noioso e banale”.
Giunti nel centro città, caratterizzato dal cosiddetto “Clock Town”, ossia la riproduzione ridimensionata di una torre dell’orologio di Londra, andiamo subito al Fermo Posta dove troviamo due lettere per noi in cui ci viene indicato dove si trovano ora Valentina e Angelo, con tanto di mappa. Raggiungiamo il luogo descritto, fuori città, raggiungibile in una decina di minuti a piedi. È il Sunrise Guest-house, probabilmente il più “basic” ed economico della capitale, ma al momento Valentina e Angelo sono usciti. Chiediamo al titolare, il quale ci mostra le camere doppie da 150 rupie a notte. E suggerisce: “Se siete in quattro vi conviene affittare un appartamentino per un mese”.
Tornati in centro, giriamo per il mercato dove vendono pesce, frutta, verdura, carne, souvenir…La via del mercato è la più caratteristica di Victoria, una città ben curata, ordinata e pulita. Casualmente incontriamo Angelo per strada col viso cupo e, dopo gli abbracci di rito, racconta di non aver ricevuto il telegramma sul nostro arrivo, mentre crede che Valentina, al momento, sia in giro con amici in barca a vela. Racconta che hanno litigato forte tra di loro, per cui è furioso. Si è forse invaghito di Valentina? Il livore di Angelo è per me è fuori luogo, ambiguo e cupo. Ambiguo, perché intuisco che a lui Valentina piace, ma si nasconde dietro il ruolo di tutore. Cupo, perché non riesce ad ammettere questa sua contraddizione.
Noi tre, Angelo, Aldo ed io, andiamo nel ristorantino cinese King Wah a North Point, dove in genere si reca Valentina e la troviamo seduta al tavolo che parla di politica col titolare e altri due italiani. Nel vedermi Valentina si emoziona visibilmente al punto da non riuscire quasi a parlare per lo stupore misto a gioia: la magia di uno sguardo incredulo nell’avermi ritrovato dopo due lunghi mesi di attesa. È la reazione all’ansia di un’attesa che trova sollievo in un ricongiungimento che sembrava ormai impossibile. Per entrambi è una grande emozione, ma non ci abbracciamo poiché la presenza di Angelo è palese motivo di tensione per tutti. Inoltre, c’è da tener presente i due diversi stati d’animo: lei è arrivata alle Seychelles pensando di vederci presto ed ha dovuto invece aspettare in eterno, con accanto un individuo diventato scomodo e con l’angoscia di non trovarmi, mentre io arrivo da quattro intensi mesi di viaggio che mi hanno catapultato in un mondo tutto a parte.
Aldo e io non sappiamo ancora cosa sia successo tra i due, ma di certo le occhiate di spregio di Valentina nei confronti di Angelo raccontano di insofferenza profonda, quasi disgusto. I due non si parlano. Nella piccola saletta si sta dicendo che un certo belga di nome Le Fevre, organizzatore di un colpo di stato alle isole Comore, è stato arrestato a Victoria perché stava cercando di fare la stessa cosa alle Seychelles. Il governo delle Seychelles attualmente è socialista, amico dell’Unione Sovietica e del Madagascar, dove i russi hanno fatto esercitazioni fino a pochi giorni fa. I due italiani sono qui in cerca di fortuna: “Qui è tutto carissimo ma se avvii un’attività che funziona si fanno tanti soldi. Già parecchi italiani si sono inseriti bene alle Seychelles, perlopiù nel campo alberghiero e della ristorazione”.
Da giorni Valentina scorrazza per l’isola con una mini-moke affittata, le allegre auto tipiche delle Seychelles. Per festeggiare e stemperare gli animi andiamo tutti a fare il bagno in acqua fresca e limpida, circondati da coloratissimi pesci. Angelo è l’unico accigliato, che rumina mogio in disparte. L’atteggiamento di Valentina e il nostro arrivo lo hanno visibilmente destabilizzato, non è più in grado di inserirsi nel gruppo, infatti ci comunica che domani partirà. È un gran sollievo per tutti. Il disagio di Angelo si traduce in una fuga di cui ne comprendo le ragioni. La nostra amicizia, iniziata anni prima ad Hong Kong, potrebbe essere giunta al termine e, mentre Angelo torna in camera a preparare i bagagli, noi tre andiamo a curiosare al Taka-Maka, l’unica discoteca esistente alle Seychelles. Oggi è lunedì, c’è poca gente, tutti accoppiati, e le ragazze locali presenti non sono un granché. Al banco, partecipiamo ad una pacata e curiosa discussione di carattere campanilistico tra due giovani uomini un po’ brilli. Uno è di Mahe e l’altro delle Mauritius, entrambe isole abitate da creoli ma con una forte rivalità tra loro: “Noi alle Mauritius siamo più numerosi di voi“, l’altro ribatte: “Sì, ma uno delle Seychelles vale 60 mauriziani”. Antagonismo da ragazzini che nasconde rivendicazioni storiche di conquiste e nazionalismi tra i due stati “confinanti”. La colonizzazione delle Seychelles, contesa fra francesi e inglesi, è sempre stata subordinata alle Mauritius. Il primo europeo a mettervi piede nel 1502 è però il “solito” ammiraglio portoghese Vasco da Gama, che per primo è arrivato un po’ in tutti i continenti via mare, per finire ucciso nelle Filippine.
Tornati in camera, incuriosito da questa realtà immersa nell’oceano Indiano, così lontana dal resto del mondo e diventata oggi una tra le mete turistiche più apprezzate del pianeta, mi porta a restare, fino a notte fonda, seduto sul letto a leggere e a fare una sintesi scritta sulla storia di queste isole.
Alla fine del 1600 questa terra era diventata un covo di pirati provenienti dai Caraibi. Per contrastare quest’attività, il governatore della colonia di “Isle de France” (oggi Mauritius), Bertrand-Francois Mahé, nel 1742 commissionò di mappare il tratto di mare tra il Madagascar e l’India. Giunti qui, gli inviati, trovarono uno scenario paradisiaco, ricco di risorse, tanto da nominare la terra scoperta “Isola d’Abbondanza”, ribattezzata poi Mahé in onore del governatore. L’arcipelago venne sostanzialmente ignorato fino al 1754, quando le autorità francesi inviarono due navi a prenderne possesso per formalizzare l’atto di annessione, era il 1mo novembre 1756. L’isola principale fu battezzata Isle de Séchelles, in onore dell’allora ministro delle finanze francese Jean Moreau de Séchelles: in seguito il nome (anglicizzato in Seychelles) verrà utilizzato per indicare l’intero arcipelago, mentre l’isola manterrà il nome primigenio di Mahé. Il nuovo governatore delle Mauritius individuò in Mahé un perfetto terreno per la coltivazione di spezie, nell’ottica di spezzare il monopolio olandese del commercio di noce moscata, pepe, cannella e chiodi di garofano.
Con la rivoluzione francese, nel 1789, i coloni si organizzarono in un’assemblea e decisero di autogestire l’arcipelago, liberandosi dai dettami delle Mauritius; la schiavitù non venne abolita, in quanto si ritenne che senza manodopera gratuita la colonia fosse condannata ad avere vita breve. Col passaggio della gestione ai coloni, le Seychelles diventarono una base per i corsari francesi. L’11 luglio 1801 giunse sulle coste di Mahé una fregata carica di prigionieri esiliati da Napoleone e la nave venne fronteggiata dagli inglesi. Il blocco navale delle colonie francesi dell’Oceano Indiano da parte degli inglesi proseguì fino al 1810, quando si ebbe la capitolazione di Réunion e poco dopo delle Mauritius. Con il Trattato di Parigi del 1814, le Seychelles divennero una colonia britannica a tutti gli effetti. Il suo governatore non ebbe vita facile nel controllare la tratta degli schiavi, illegale per la legge inglese ma non per quella francese. Motivo di forte tensione fu l’abolizione della schiavitù nel 1835, con molti proprietari terrieri che abbandonarono la colonia lasciando gli schiavi a sé stessi, liberi ma senza proprietà terriere, case o denaro. Le Seychelles entrarono allora in una fase di stagnazione estrema, risoltasi solo quando venne individuata nella palma da cocco la coltura ottimale per il suolo dell’arcipelago. La colonia venne quindi ampliata con l’afflusso continuo di schiavi sequestrati dagli inglesi ai sambuchi arabi e liberati alle Seychelles, dove diventavano forza lavoro a basso prezzo per i proprietari terrieri. Quindi, a grandi linee, si può dedurre che gli antenati dei seicellesi di carnagione bianca erano coloni francesi e quelli di carnagione scura erano in gran parte schiavi.
Il governo britannico, inoltre, usava sfruttare la posizione dell’arcipelago per servirsene come luogo dove mandare in esilio dorato, dagli altri possedimenti britannici, i personaggi considerati scomodi. Fra questi, anche l’arcivescovo di Cipro Makarios III, che qui giunse nel 1957. Ricordo che mio padre nel 1956 andò con la sua orchestra al Cairo ad intrattenere il presidente egiziano Nasser, il Segretario Generale delle Nazioni Unite Hammarskjold e Makarios, in occasione di una riunione sulla crisi di Suez. In seguito ai risultati elettorali, il 29 giugno 1976 le Seychelles divennero una repubblica indipendente in seno al Commonwealth. Il 5 giugno 1977, due anni fa, mentre il presidente seichelliano James Mancham era in missione diplomatica all’estero, un colpo di Stato, caldeggiato dall’Unione Sovietica, ne sancì la deposizione a favore del primo ministro France-Albert René, che instaurò un regime monopartitico del SPPF (Seychelles People’s Progressive Front) … e così è ora. Molti italiani, infatti, che hanno acquistato casa alle Seychelles, con questo nuovo governo temono l’esproprio, come è già avvenuto in Madagascar.
Martedì 1° maggio, sono due notti che sogno di essere braccato dalla polizia per motivi politici e mi tocca vivere da esiliato. Sarà forse per le formiche che salgono dalle gambe del letto. Lasciamo Angelo in camera e noi tre andiamo a fare il giro completo dell’isola in mini-moke, le strade sono deserte, si guida a sinistra e il traffico è quasi inesistente. Se a Mahé non hai l’auto sei bloccato, perché le spiagge sono sparse, in un’isola che misura 27 km di lunghezza e 7 di larghezza. Da Victoria, Seguiamo la litoranea Coast Road verso sud per visionare e confrontare le diverse spiagge. Dopo l’aeroporto c’è Anse Royale Beach, tranquilla, perfetta per lo snorkelling, e sul lato occidentale dell’isola troviamo la selvaggia e deserta Anse Intendance, superba ma bisogna fare attenzione alle correnti, poi arriviamo alla chilometrica rada con acqua bassa di Baie Lazare, a seguire la bella insenatura di Petit Anse, di difficile accesso ma con la sabbia più bianca di tutte le altre, e più su Grand Anse, una delle spiagge più lunghe di Mahé. La baia è incredibilmente bella, con sabbia fine e mare azzurro. Sullo sfondo si staglia l’imponente paesaggio montuoso di Mahé, che mette in risalto il contrasto con la spiaggia piana in basso. Il mare in questo tratto è ottimo per nuotare e fare surf, sebbene si debba fare attenzione, perché la corrente sottomarina può talvolta essere piuttosto forte e l’acqua è abbastanza profonda rispetto ad altre spiagge.
Seguiamo poi la Misere Road, verde e tortuosa, che gira attorno alla vetta del monte Morne di 905 metri, il più alto dell’isola, dove ha la residenza il Presidente. È un’area protetta dal caldo intenso e dalla forte umidità. A nord di Mahe, fotografiamo l’ampia veduta di Beau Vallon e dell’isola di Silhouette dalla spiaggia di Glacis Beach, luogo che valorizza uno straordinario mix di rocce e palme tipicamente tropicale. La mia preferita rimane però la piccola e accogliente Sunset Beach, per l’acqua cristallina, le palme rigogliose, non sempre presenti altrove, e l’antica formazione corallina che rendono questa spiaggia un vero e proprio gioiello, dove trascorrere una giornata di relax e scattare magnifiche foto. E infine la più popolare Beau Vallon Beach e tante altre. Tutte spiagge di sabbia bianca, cime di granito e architetture creole situate nella costa ovest di Mahé, quella del tramonto. Ci fermiamo a pranzare nel ristorantino King Wah, dagli ospitali di YanYan e consorte, per noi il più piacevole dell’isola: ottimi noodle fritti con pollo per 15 rupie.
Alle 14 Angelo prenderà l’aereo per Colombo, nello Sri Lanka, poi da Colombo proseguirà per l’Europa e poi verso Reggio Calabria, dove abita. Salutato Angelo, passiamo un paio d’ore seduti a parlare nella pizzeria Continental di Arturo, aperta nel pieno centro città. Arturo è un fervente testimone di Geova che racconta di essere arrivato alle Seychelles su invito personale dell’ex presidente James Mancham: “Cinque anni fa avevo il miglior ristorante italiano della Svizzera, venne a mangiare da me il presidente delle Seychelles che mi invitò ad aprire un ristorante qui”. Così ha fatto ed ora è molto soddisfatto ricco, totalmente impegnato a fare proseliti per espandere la sua confraternita religiosa. Aggiunge: “Aprire un’attività qui non è un problema, specialmente se dai da lavorare ai locali, tanto gli stipendi sono bassissimi”.
Lamentando che la nostra guest-house Sunrise è sporca, piena di formiche e blatte, Arturo ci dà una super dritta: “Non distante dal ristorante, sulla strada per Beau Vallon Monti, in alto sulla collinetta, c’è una strana casa che sembra una sinagoga. Andare lì e chiedete del Captain Tregarden, dite che vi manda Arturo”. Andiamo subito, il luogo è perfetto: ha camere pulite per 30-35 rp, ovvero 4-5 dollari invece dei 25 che paghiamo ora. Solo un tè come prima colazione ma è stupendo, proprio il nostro genere. Non esiste nella lista degli alloggi all’ufficio turistico dell’aeroporto perché troppo popolare: destinati alla clientela locale, non per turisti. La nostra camera è carina con bagno privato. È una guest-house fornita di ristorante in una magnifica posizione, con una grande veranda in legno che domina la città dalla collina pur essendo a due passi dal centro.
Captain Tregarden è quasi completamente cieco, pancione con stampelle, cammina a fatica, piegato. Siccome non ci vede, le due ragazze di servizio alle pulizie, Tina e Juliana, lo prendono in giro senza ritegno. Lui le chiama e loro si nascondono fingendo di non sentire. Lo fanno impazzire, perché lo capisce e le cerca per snidarle. Infine, chiama addirittura la polizia e succede un putiferio. Ci esorta ad aiutarlo e assieme a Joghen e agli altri due tedeschi, che già alloggiano qui, fingiamo di cercare le ragazze solo per dargli soddisfazione, una situazione comica. Joghen dice che la notte scorsa ha udito un grande rumore di gemiti. È Juliana che, di nascosto da Captain, fa il giro delle camere e si fa pagare in cambio di sesso. Tornata la quiete, Captain propone di fare una società per avere la guest-house assieme, “basta” che io sborsi 30 o 40 mila rupie (42-68 milioni di lire), una valanga di denaro, e lui metterebbe altrettanto. Infine assicura: ”Così dopo puoi restare qui a piacere”. Per invogliarmi precisa che sono in arrivo i turisti: “Oggi arrivano molti italiani, gli hotel sono pieni”. Conversando liberamente tutti assieme in veranda, Joghen racconta che molta gente alle Seychelles muore a causa di carne avariata: “È sufficiente un foro nel barattolo o lasciare la scatola aperta con la carne dentro e diventa molto pericoloso…Tre bambini sono morti pure ieri”.
Preso dall’onda di fatti negativi, Captain racconta di ragazzi che hanno ucciso il cane di guardia di una villa e rubato nella stessa. Al ritorno a casa della padrona, invece di evitarla e scappare l’hanno aggredita a bastonate. Questo rappresenta l’avvenimento più grave successo finora alle Seychelles. Lamenta che ormai i furti sono all’ordine del giorno, specialmente sulle spiagge: “Ieri è capitato ad un inglese, gli hanno rubato vestiti, ori e denaro”. La polizia ha catturato i colpevoli, ma per gran parte della popolazione la colpa è del turismo: “Colpa degli occidentali che coi loro lussi inquinano la mente dei nostri giovani”. E termina con un’altra raccomandazione da buon padre: “Con questo governo che, a ragione, appoggia l’OLP palestinese e la Swapo sudafricana, ed è amico di URSS, Vietnam, Iraq e Cuba, è meglio evitare di parlare di politica. Oggi, non conviene esprimersi liberamente. Fate attenzione a ciò che dite e a chi lo dite”.
Joghen è un viaggiatore come noi, racconta che da Juba, in Sud Sudan, a Kampala in Uganda, ha impiegato due giorni su di un camion, con sosta per la notte a Gulu: “È più facile il tratto da Juba a Nairobi”. Dice di avere rischiato la vita in una rissa e afferma che, secondo lui, sia i giordani che i palestinesi sono gli arabi migliori. È passato via terra dalla Giordania a Israele e poi in Egitto: è la prima volta che sento di qualcuno che abbia fatto questo percorso.
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