Viva Abbash – Diario di guerra dal fronte palestinese: Verso Casa – 4P
Il ritorno (2 Aprile). Dopo colazione giochiamo un po’ con la sorellina più piccola e al momento dei saluti diamo un bacio anche a Gesira e alla madre, contravvenendo all’usanza musulmana. Awad ci accompagna in centro e dopo un caloroso abbraccio di saluto, mi esorta: “Torna presto e portami una bella bionda così mi diverto anch’io”. Sarebbe bello, ma dove la trovo una bionda che venga qui? Gli chiedo se va bene anche mora: “Si! anche verdone scuro”, ribatte pronto col suo sorriso radioso. E’ un amico dal quale mi dispiace dividermi.
Saliamo su di un taxi con alcuni compagni del Fronte che ci danno un passaggio fino a Damasco. Qui i ragazzi, dopo una foto di gruppo davanti alla moschea principale, ci accompagnano alla stazione degli autobus e proseguiamo per Beirut, dove arriviamo in un paio d’ore. In centro chiediamo ad un signore dove possiamo trovare un ristorante popolare che serva pesce e lui c’invita a salire nella sua Jaguar portandoci a pranzo nel lussuoso coffeeshop dell’Holiday Inn sul lungomare. Siamo vestiti in modo spartano, non in sintonia con l’ambiente, ed un po’ stanchi per il viaggio, così prima mangiamo e poi facciamo il punto della situazione: le insistenti gentilezze del libanese ci disturbano parecchio, quindi ringraziamo spiegando che abbiamo fretta. Lui insiste per ospitarci a casa sua, in modo ossessivo, tanto da obbligarci a rifiutare ed offenderlo; lo lasciamo solo al tavolo e ci avviamo a piedi lungo la strada per il nord. In periferia, tre signori molto gentili ci danno un passaggio fino ad un paesino nel nord del Libano, giusto un gruppo di casette rurali. Il sole sta per tramontare ed i signori ci trovano una camera presso l’hotel, l’unico esistente nella zona. Il costo è irrisorio. La stanza col lettone matrimoniale è al piano terra sul retro della casa, di fianco alla stalla; sembra l’unica camera di quest’albergo, che anzi, a guardar bene non sembra neanche un albergo. E’ una situazione strana e ancor più strana è l’atmosfera creata al lume di candela, dalle pareti in legno piene di buchi e dai passi furtivi della gente che viene a sbirciare. Molto probabilmente Milvia è la prima bianca “infedele” che alloggia in questa camera e forse ci hanno dato la stanza solo per poterci spiare. Chissà cosa passa per la testa di questa gente, forse è opinione diffusa che le occidentali siano di facili costumi. Mi sento controllato, sprango la porta e spengo la candela, mentre Milvia dorme già come un sasso.