La Perla di Salgari e l’utopia del viaggio – La letteratura come via di fuga

La Perla di Labuan, coperta di vele, ondeggiava nella piccola rada, impaziente di uscire in mare. Sul ponte stavano schierati gli ottanta dayachi di Karà-Olò, pronti a manovrare. – Tigrotti – disse Sandokan, volgendosi verso i pirati affollati sulla spiaggia, – difendete la mia isola. – La difenderemo – risposero in coro i tigrotti di Mompracem, agitando le armi. Sandokan, Yanez, Kammamuri e la vergine della pagoda d’Oriente salirono in una imbarcazione e raggiunsero la nave, la quale, sciolse le gomene, navigò verso l’alto mare salutata da urla di – Evviva la Perla di Labuan!… Evviva la Tigre della Malesia!… Evviva i tigrotti di Mompracem!

Così Emilio Salgari, ne I pirati della Malesia, descrive la partenza della Perla di Labuan alla volta delle avventure che hanno reso famoso Sandokan il pirata, la Malesia e il Borneo. E se oggi l’isola è uno dei luoghi migliori per conoscere l’altro volto malese, quello degli affari e della finanza, è difficile, nominandola, non ritornare col pensiero a quelle magnifiche avventure, agli esotici luoghi che, non visti, infiammarono la fantasia di Salgari, e con lui, quella di milioni di persone.

L’uomo ha viaggiato per le ragioni più diverse e nei modi più svariati: per conquistare terre lontane come Alessandro Magno, per cercare Dio come i pellegrini del medioevo, verso l’Oriente passando per l’Occidente come Cristoforo Colombo, verso il miraggio dell’Eldorado… Oggi si viaggia per necessità e per diletto, per desiderio di conoscenza o per distrarsi, per cercare o per fuggire. Per l’induismo non c’è felicità per l’uomo che non viaggia e una famosa massima zen recita “viaggiare è meglio che arrivare”. Per alcuni, il viaggio è ed è stato l’unica via di salvezza dalla “prigione” che la società tecnologica e i miti del successo ci hanno costruito attorno; spesso l’unica forma d’evasione è rappresentata dalla letteratura e dalle infinite possibilità di “fuga” che essa consente.

In quest’ottica s’inserisce una delle massime espressioni del mito cartaceo del Borneo e della Malesia: quella costituita da Emilio Salgari e dai suoi romanzi di viaggio e d’avventura. Nato a Verona il 21 agosto 1862, da una famiglia di modesti commercianti veneti, dal 1878 al 1881 frequentò con scarso profitto il Regio Istituto Tecnico e Nautico “P. Sarpi” di Venezia, senza riuscire a ottenere il tanto agognato brevetto di capitano di lungo corso. Si consolò con un viaggio di tre mesi lungo le coste dalmate, dopo essersi imbarcato come turista su di un piccolo mercantile che faceva servizio nell’Adriatico. Il breve viaggio stimolò in lui i ricordi di scrittori d’avventura come Verne e Stevenson, che l’avevano appassionato durante la sua prima giovinezza. Questa esperienza, inoltre, gli diede modo di creare una leggenda, da lui stesso alimentata, incentrata sul mito dello scrittore che aveva vissuto ciò che narrava, come rivalsa di fronte a quel primo e unico viaggio per mare che Salgari fece nel corso della sua gloriosa ma tormentata esistenza.

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