HONG KONG

Da Tu-Ji, l’addetta alle cuccette conosciuta sul treno da Shanghai, ho appreso che Hong Kong significa giardino profumato a causa dell’incenso che, in passato, veniva immagazzinato nel porto di Aberdeen per l’esportazione. Mi affascina l’idea di tornare in quel luogo che profuma d’oriente “davvero”.

Arrivato a destinazione, alla Hung Hom Station di Kowloon, salgo sul metrò che mi conduce comodamente in Nathan Road, la zona turistica straripante di boutique, electronic store, mega gioiellerie, grandi magazzini, botteghe, trattorie, pub e massage in affollate stradine normalmente percorse da vetture prestigiose, come Ferrari, Maserati, Lamborghini, Rolls Royce o McLaren. Presa visione di una decina di possibilità di alloggio, del genere guesthouse, finisco per scegliere una camera al sesto piano del Lyton Building, 36-42 Mody Road, per 25 euro a notte. Arredamento basic, ma collocata nel cuore di Tsim Sha Tsui, l’area urbana nella parte più meridionale di Kowloon, ricca di attività diurne e notturne e funzionale agli spostamenti.

In passato ho visitato Hong Kong più volte, questa però è la prima visita dopo la temuta fine della presenza britannica e, francamente, di cambiamenti nella ex colonia ce ne sono stati tanti, ma nulla di paragonabile a ciò che avvenuto in Cina nell’ultimo ventennio. Prima di inoltrarmi nella città e nei suoi dintorni, provo a fare un breve riepilogo sul rapporto fra il passato britannico e il presente cinese: tutt’attorno vedo nuovi ed enormi grattacieli, mentre il brulichio della gente e la frenesia per lo shopping sono rimasti quelli di sempre. La mancanza di spazio e il crescente numero di abitanti e di infrastrutture, hanno favorito una notevole espansione urbanistica verso l’alto, qualificandola come la città più verticale del globo.

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