SINGAPORE, tutto il fascino dell’Oriente – Una grande armonia, compatta e funzionale.

Non sorprendetevi se i bambini vi salutano chiamandovi “zia” (aunty) o “zio” (uncle). E’ normale rivolgersi in questo modo alle persone più anziane, in segno di rispetto. Per conoscere i mille volti dell’Asia, si racconta, non occorre visitare l’intero continente, basta andare a Singapore, l’isola multietnica e crogiolo di razze dove si mescolano culture e costumi dell’intero Oriente.

L’isola di Singapore, 690 kmq all’estremità meridionale della penisola malese a ridosso dell’equatore, rappresenta un prodigio unico al mondo per l’armonica fusione di filosofie orientali e tecnologie d’avanguardia. Miracolo sociale ed economico ancor più eccelso se si considera che questo piccolo lembo di terra palustre è privo di qualsiasi risorsa naturale, acqua potabile compresa. Ispiratore e artefice della geniale visione futuristica è il confuciano Lee Kuan Yew, storico Prime Minister della nazione, che, con illuminata determinazione in appena un ventennio, ha trasformato l’irrequieta cittadina dell’ex colonia britannica in uno Stato ricco e dinamico, creando dal nulla una lungimirante Repubblica Parlamentare a regime di porto franco, capitale mondiale del duty free. Un libero mercato tra i più seri e affidabili, grazie soprattutto all’opera di moralizzazione del governo che ha fermamente scoraggiato la frode.

Singapore è ora una metropoli compatta e funzionale, facile e piacevole da visitare, con ampie strade curate, quartieri etnici ricchi di storia, un’infinità di attrazioni turistiche e vaste aree di rigoglioso verde tropicale, che convivono con infrastrutture moderne e grattacieli dalle architetture avveniristiche. Ciò nonostante, il fascino dell’Oriente regna sovrano in quest’isola pulsante di vita, a ogni ora del giorno e della notte. I mille volti del suggestivo Oriente qui si intrecciano nei colori sgargianti dei sari indiani, dei sarong malesi, dei turbanti sikh, di templi e moschee o negli odori della incredibile varietà di cibi a Chinatown, Little India, Arab Quarter (Kampong Glam), Geylang Serai, Katong, negli stand dei mercatini all’aperto e perfino nei numerosi megacomplessi commerciali sparsi dovunque. Gli stessi ground floor dell’asettica City pullulano di negozi straripanti di mercanzie e centri di ristoro, dov’è pratica comune socializzare e dividere il tavolo con gli altri avventori.

La filosofia dominante della Grande Armonia è confermata dal bilanciamento tra cemento e spazi verdi: Singapore e Rio de Janeiro sono le uniche città a conservare aree di foresta primaria al loro interno. L’anima fanciullesca, invece, la ritrovate nella straordinaria isola di Sentosa, spensierata Disney tropicale che costituisce un must per grandi e piccini, ricca d’entusiasmanti attrazioni, gallerie storiche e una sequela di spiagge e lagune. Guardando le luci della City viene alla mente l’errata “profezia” del deputato William Tan, che nel 1957 rifiutò di destinare 300 mila dollari allo sviluppo di infrastrutture turistiche, sostenendo che Singapore poteva offrire soltanto “acquitrini e qualche edificio coloniale”. Oggi in questo conclamato paradiso dello shopping soggiornano quasi dieci milioni di turisti l’anno (pari a Venezia), con un introito di 15 miliardi di dollari, e dal 28 settembre 2008 Singapore è entrata nel circuito internazionale della Formula Uno, col primo storico Gran Premio in notturna vinto da Alonso (“gara disastrosa per la Ferrari”). Qui il visitatore vive l’Oriente nel massimo del comfort, rassicurato da un’assistenza generale di prim’ordine e garantito negli acquisti dal logo Gold Circle esposto dall’autorità a tutela del cliente.

La “Grande Armonia”
“Democrazia autoritaria”, ovvero la Grande Armonia paternalistica della Nazione, e culto dell’autodisciplina, a grandi linee sono la chiave etica del successo sociale ed economico del Paese, facilitato dalla rigida morale confuciana, basata su ordine, obbedienza, rispetto, e dall’innato senso per il commercio, proprio dei cinesi, accresciutosi nel connubio con la lucida visione imprenditoriale britannica. Ancora nei primi anni ‘70 la città conservava la struttura antica, quella originaria con le case basse in stile shophouse, le opere di bonifica idraulica dei litorali non erano iniziate, la passeggiata di Elisabeth Walk si affacciava sul mare e non c’erano grattacieli, industrie farmaceutiche, elettroniche o la miriade di banche e turisti che hanno reso celebre e ricca questa città-stato. Già da allora però pagava multe salatissime chi sporcava o gettava carte a terra, chi mangiava per strada e sugli autobus, chi masticava gomme americane o fumava in luoghi pubblici non autorizzati. Le leggi a Singapore sono categoriche: per tanti reati minori c’è l’arresto, ma pure i semplici divieti o le norme contro degrado e inurbanità sono presi molto seriamente. Addirittura non è consentito ingrassare, “sconsigliato” per i problemi correlati alla salute, e ai militari cicciottelli viene prolungata la ferma allo scopo di recuperare il peso forma. A Singapore si dà profonda importanza alla famiglia, ai bambini, allo sport e all’arte, tant’è che ogni anno aumentano gli artisti e i creativi occidentali che la scelgono quale residenza permanente.

Il governo tutela i cittadini a 360 gradi e si fa carico di gestirne la vita pubblica, attraverso istruzione ed efficaci programmi educativi, assistenza sanitaria di prim’ordine, posti di lavoro, alloggi pubblici, sussidi, finanziamenti a tassi irrisori, casa di proprietà e pensione. In una “babele” di lingue, razze, religioni e costumi ad alta intensità demografica (6300 abitanti per kmq), tutto è ben programmato a merito di una valida legislazione: ora le nuove generazioni si considerano prima di tutto singaporiani e la questione dell’origine etnica passa in secondo piano. L’Autorità incoraggia la ricerca scientifica, il libero mercato e al contempo estirpa la criminalità a ogni livello, rendendo Singapore una delle metropoli più efficienti e sicure del pianeta, dove le donne sole possono girare tranquillamente dovunque e a qualsiasi ora senza pericoli. Ogni tanto si legge di qualche straniero giunto sull’isola per rapinare una gioielleria o altro, in tal caso si allerta tutta la popolazione che crea una fitta rete di controlli e segnalazioni spontanee alla quale diventa difficile sfuggire.

Ineccepibile anche il traffico stradale, intenso ma fluido, grazie ad apposite corsie per bus, taxi e metrò, a semafori azionati da sensori che contano il numero della auto in fila, e a videocamere a infrarossi seguite da polizia e pronto intervento stradale, che sorvegliano incroci e arterie 24 ore al giorno. Tutto il downtown è ZTL a pagamento, regno dei mezzi pubblici di trasporto. Persino le strade dei cieli sono un inno a tecnologia ed efficienza: la compagnia di bandiera Singapore International Airlines (SIA) da oltre vent’anni è la migliore al mondo. Ovviamente anche Singapore vive le sue smagliature tollerate, tra cui la prostituzione decentrata dopo l’abbattimento dei tradizionali quartieri bordello, ma la sensazione palpabile è che qui tutto “fili liscio”, che tutto sia sotto controllo.

Terzo polo finanziario d’Asia e sede di oltre 7mila multinazionali, fin dagli anni Novanta Singapore vanta un reddito pro-capite superiore allo standard europeo: un benessere oculato che ha portato l’altezza media della popolazione da 1,57 a 1,70 m e la vita media alla soglia degli 82 anni. In cambio, massima rigidità nell’applicazione delle leggi: come in Malaysia, anche a Singapore per modiche quantità di stupefacente si rischia la pena di morte.

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