Transnistria – La terra di nessuno nel paese che non c’è

Dopo l’annessione della Crimea e il rischio di guerra civile nell’Ukraina orientale, per le stesse ragioni e da perfetta sconosciuta la Transnistria rischia di balzare di colpo agli onori della cronaca poiché il 18 marzo 2014 il suo governo ha espressamente chiesto, com’era ormai nelle previsioni, di essere parte integrante della Federazione Russa. Tuttavia, a differenza delle altre regioni contese, quali Crimea, Abkhazia e Ossezia del sud (Georgia), qui si tratta di una terra isolata, lontana dai confini di madre Russia.

Avevo visto per televisione qualcosa che riguardava la Transnistria, covo di mafie e perversioni politiche, e come un lampo si era acceso in me il desiderio di inserirla in uno dei miei itinerari futuri. Giusto per curiosare. Da quel giorno sono passati anni, ma il viaggiatore conosce questi imperativi e sa che prima o poi si avverano. Cos’è la Transnistria. Dov’è? So per certo che più del 90% delle persone non ne sa nulla. Io ci sono passato, vi racconto brevemente dov’è.

Da Brasov, città rumena edificata dai sassoni, seguo la via per Onesti ed è interessante notare il susseguirsi di linde casette in stile magiaro-transilvanico (che stranamente mi ricorda quello indonesiano), recintate da palizzate ed elaborati portoni in legno, abitate da un’etnia di origine ungherese. Dopo la notte trascorsa alle spalle della cattedrale ortodossa di S. Georghi a Tecuci, la sera successiva piazzo il mio agile camper nel parcheggio dell’Hotel Cantemir, nel pieno centro di Husi, pronto per il grande balzo. Il viaggio, quello vero, ha inizio domani in Moldavia, considerata la prima vera incognita del percorso, un “muro tenebroso” che vorrei attraversare nell’arco di una giornata. Anche qui in prossimità del confine i pareri su eventuali pericoli sono discordi, prevale comunque la pessima reputazione del paese confinante, ma le informazioni raccolte non sono sufficientemente critiche dal farmi desistere. Camper e stranieri sono una rarità da queste parti: due sposini corrono a casa a vestire le loro bambine con gli abiti della festa per farsi fotografare sul camper, mentre a notte fonda si crea un po’ di tensione con un gruppo di ragazzi che si diverte a scuotere il camper più volte, giusto per ridere.

E’ l’alba. Alle 6.20 passo il ponte sul fiume Prut, che segna il confine moldavo di Albita; al cancello un militare chiede subito: “preferisci darmi 5 US$ e andare subito in dogana, oppure aspettare in eterno per la disinfestazione obbligata delle gomme?”. Sulla destra, tra la nebbia oltre il reticolato due giovanissimi militari avvolti da un’uniforme a brandelli mi fan segno di lanciargli una sigaretta. Alle 6.40 chiamo il giovane e concordo per 3 dollari, nonostante ciò alle 7 sono ancora in attesa: pagare o no è la stessa cosa. In questi momenti bisogna solo armarsi di pazienza. Occorre passare per 5 uffici, tempi lunghi, in compenso nessuna molestia particolare. Per la “tassa ecologica” mi chiedono 35 dollari, ma dopo una macchinosa trattativa il capo approva lo sconto a 15. In totale ho sborsato 22 dollari, dei quali solo 6 di baksis (mancia). Le guardie sono cordiali, amano conversare e anche scherzare: si percepisce che hanno sangue latino nelle vene. Grazie a loro ottengo un’informazione per me utilissima: non devo più aggirare la Transnistria da sud, come si erano raccomandati a viva voce da più parti (console moldavo a Roma, unità di crisi della Farnesina, ambasciata italiana a Bucarest) definendola “terra di nessuno”, ma posso attraversare la repubblica ribelle seguendo la strada principale per Odessa. Per i pericoli, le solite raccomandazioni: non viaggiare di notte e sostare in luoghi custoditi. Per la polizia che rompe con richieste di denaro, due regole fondamentali: pretendere la ricevuta e chiedere di parlare col capo, non con un militare qualunque. Più facile a dirsi che a farsi, ma tengo conto di tutto.

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