Arriva il tempo dell’Africa – Come arrivarci da Malta

Dopo una decina di anni dedicati a viaggi alla scoperta di paesi e culture altre che abitano questo nostro magnifico pianeta, nel 1979, arriva il tempo dell’Africa. Seguo il solito istinto di dare corpo alla realizzazione dei miei desideri subito, prima che svaniscano, per cui abbandono ogni motivazione e impegno che non sia compatibile con l’attraversata del continente africano, via terra e senza limiti di tempo. Cercando, in linea di massima, di scendere il Nilo e proseguire zigzagando per vedere più Paesi e più realtà differenti possibile. I limiti sono i soliti, quelli economici, ma confido nella consolidata esperienza nel gestire il denaro e nello spirito di adattamento. Con me, l’inseparabile diario di bordo che mi segue da quando ho iniziato a viaggiare.

Aldo Dugoni, col quale ho già condiviso un viaggio in Estremo Oriente, propone di aggregarsi. Per bagaglio, abbiamo uno zaino a testa di circa 8 chili e per la valuta cambiamo tutte le lire in dollari, sia in contanti che in traveller’s cheques (US$ 1 = 830 lire). Prima della partenza, mi colpisce una buffa guida iper alternativa edita dalla Savelli che racconta come fare il giro dell’Africa con modica spesa: “Se hai fame, chiedi alla gente, se hai sonno vai su una pianta e dormi” e via di seguito. Certo che così si risparmia. Vedremo…

Gli anni ’60 e ‘70 erano caratterizzati da impulsi giovanili che in occidente porteranno la nostra generazione verso continenti semi inesplorati, ricchi di fascino e di magia. Un popolo giovane curioso, con il suo carico di incognite e di sfide da affrontare. Niente più conquiste, sopraffazioni o esercizio di una presunta superiorità ma il desiderio di vedere in prima persona com’è questa nostra piccola sfera sospesa nel vuoto e per taluni è anche una ricerca di spiritualità oltre le religioni.

Il giorno prima della partenza prende curiosamente una piega mistica quando Marzio e Marzia, due medici che praticano lo spiritismo attraverso la telescrittura, chiedono del viaggio che ci apprestiamo a realizzare ad un loro fidato immateriale interlocutore adoperandosi per farmi avere una copia del suo responso: “Giò, individuo che vi preme – chi cerca la spiritualità non ha bisogno di sostegno terreno poiché gli spiriti evoluti si mettono sempre in contatto con chi cerca la luce. La sua ansia è genuina, ma resta ancora ansia quindi i frutti ci saranno solo quando l’ansia si sarà trasformata in serenità totale. Questa non si raggiunge con l’avventura ma solo tramite ad essa si può talvolta trovare l’aggancio con qualcosa che nella propria sfera ha deluso. Non nell’esaltazione quindi ma nell’umiltà la ricerca sarà fruttuosa. Sorrido Marzio e Marzia anche a chi vi preme, Giò troverà i valori che cerca non perché siano retaggio di terre lontane, ma solo perché nella intima sua essenza avrà coltivato la pianta della comprensione, maturità insomma”. Il viaggio come mezzo e non come scopo, dunque. Con questa sentenza giunta direttamente dal Cosmo, alle 11 di venerdì 5 gennaio 1979 Aldo ed io saliamo sul treno per Napoli, verso Sud, verso l’Africa. Non abbiamo bisogno di aerei e prenotazioni, il nostro viaggio inizia semplicemente dalla stazione ferroviaria di Modena all’insegna della improvvisazione.

Napoli ci appare subito molto diversa da Modena, la gente è particolarmente estroversa e gradevole, le vie del centro sono dissestate e fatiscenti, caotiche al punto tale da riportarmi alle colorite atmosfere ricche di fascino di Bombay. In questa geniale allegria e rumorosa vitalità tipicamente partenopea noi ci stiamo benissimo. Il viaggio in Africa inizia dunque da Napoli dove la vita sembra essere una rappresentazione teatrale. Alloggiamo all’albergo Ginevra, nei pressi della stazione. Ci dicono che da qui c’è una nave passeggeri che va a Malta. Decidiamo di andare a verificare di persona.

Il taxista che ci conduce al porto tiene subito a sottolineare i pregi della napoletanità: “La gente di Napoli è la più generosa al mondo, la più umile, solo alcune grosse famiglie vivono di contrabbando”. Tuttavia, con tono paternalistico, ci invita anche a fare attenzione al portafogli. Alla capitaneria ci informano che la nave della Tirrenia per La Valletta c’è una sola volta alla settimana ed è partita il giorno prima. Impariamo però che da Reggio Calabria il traghetto va a Malta il giorno dopo. Di nuovo in albergo e poi in stazione per il primo treno rapido diretto in Sicilia che in cinque ore ci conduce a Reggio Calabria, sulla punta dello stivale, ospiti dell’amico Angelo Valente, conosciuto due anni prima ad Hong Kong. A cena Angelo, che conosce bene Modena, ci parla della diversità fra la cultura modenese e quella della sua città di stampo conservatore, legata ad una radicata tradizione omertosa, dove le regole sociali, spesso opprimenti, sono difficili da superare.

Alle 7 di domenica 7 gennaio, superata la dogana, saliamo sul traghetto che farà sosta anche a Catania e Siracusa prima di prendere il largo per Malta. Sulla nave cambiamo valuta: una sterlina maltese equivale a 2,85 dollari americani e già questo ci dice che per noi qui tutto potrebbe essere caro. Scendiamo al porto di La Valletta che sono le 22, prendiamo un taxi per la zona di St Paul Street, in pieno centro, dove notiamo che, essendo Malta una ex colonia britannica, si guida a sinistra e le distanze sono misurate in miglia, seguendo il sistema inglese. L’architettura della capitale è piacevole e un tantino esotica, caratterizzata da abitazioni con i balconcini chiusi in stile mediorientale. Le strade sono tutte buie e deserte ed è facile dedurre che a Malta non esiste vita sociale notturna, “la gente va a letto presto”. Prima eravamo in Italia, considerata luogo di transito, ora siamo in terra straniera e questo modifica il nostro sguardo. Il driver chiede due sterline, trattiamo un po’ e ne accetta una.

Troviamo alloggio all’Asti Guest House, pulito ma caro per essere con il bagno in comune e i letti coperti da panni ma senza le lenzuola. Il titolare chiede se abbiamo informazioni sulla nave affondata nello stretto di Messina. Teme per la vita di un suo amico napoletano.

Lunedì 8 gennaio c’è vento e l’aria è fresca, il clima è ovviamente migliore di quello di Modena ma non siamo ancora in Africa, anche se i turisti nordici passeggiano in t-shirt o addirittura in canottiera. Cerchiamo ora un hotel nella zona turistica di Sliema ad una manciata di chilometri, distanza che percorriamo su di un autobus urbano mastodontico, come quelli che a Modena si usano nei luna park, di colore verde e bianco, molto bello. Chiediamo in svariati alberghi ma quelli meno costosi sono tutti al completo e finiamo così al Days Inn, più dispendioso ma dotato di bagno e lenzuola. Deduciamo comunque che gli alloggi sono abbastanza cari, ma che in compenso si risparmia sul cibo.

Entriamo nella prima agenzia di viaggi che incontriamo ansiosi di sapere con quali mezzi da Malta è possibile raggiungere l’Africa. Ci dicono che non esistono navi per il Cairo o per Tunisi, neppure in estate. L’unica nave passeggeri in funzione va a Bengasi e Tripoli ma poi la frontiera tra Libia ed Egitto è chiusa. Dopo mille calcoli e considerazioni non resta che prendere l’aereo per il Cairo, malgrado il costo del volo. Leggiamo però che i giovani con meno di 26 anni pagano solo 85 dollari invece di 182. Bravo e complice l’agente che si fa coinvolgere, ci modifica la pseudo carta da studenti avuta dalla CTS (Centro Turistico Studentesco) di Modena e ci fa avere così i ticket scontati per il volo di venerdì 12, adesso devo solo comprarmi un cappellino per coprire l’incipiente calvizie da trentenne fuori corso.

Qui tutti parlano un ottimo inglese e un buon l’italiano, poiché seguono i canali tv della Rai. Il maltese è invece incomprensibile, emette un suono gutturale che assomiglia all’arabo. Ci sembra di capire che i maltesi sono persone di indole gentile, sempre pronti ad ascoltarti e adoperarsi per aiutarti, per niente scontrosi o sospettosi. A giudicare dai cartelli pubblicitari dei film, dove la censura copre le parti intime femminili, seni e sederi, si capisce che sono anche parecchio conservatori e bigotti. La presenza di chiese ovunque è indicativa di una cultura ancorata ai valori della religione. Molte le ragazze che passeggiano la sera, cordiali e disposte al dialogo, in un’atmosfera piacevolmente serena e sobria. Qui, regnano la calma e la semplicità, nessun ubriaco, niente schiamazzi, nessun drogato, tutti composti. L’ultima proiezione nei cinema termina alle 22,30, di colpo tutto si spegne e le strade si svuotano. Forse in estate è diverso tuttavia, nonostante sia inverno, notiamo parecchi turisti inglesi ed anche molti arabi. C’è una grande ambasciata libica in Palace Square, tutti sanno che la Libia sostiene l’economia maltese e ovviamente acquista prestigio.

Passando per la centralissima via della Repubblica, al 297 veniamo attratti da una voce che al microfono elenca numeri a raffica in inglese. Entriamo a curiosare e ci troviamo in un mega salone con colonne e, tutt’attorno, una tribuna in legno a forma di anfiteatro dove una marea di anziani si raduna per giocare a tombola. L’arredamento del club è tutto originale dell’epoca indicata da una targa che afferma di essere stato fondato da italiani nel 1874. Quando la tombola finisce tolgono i teli che coprono tutto e diventa una enorme sala biliardi. Giochi di società di gente per bene.

Il lato più trasgressivo di Malta lo troviamo invece nella parallela Strait Street, la via dei pub a luci rosse, popolati da ragazze straniere più o meno giovani, dedite alla vida alegre e decisamente aggressive. Sono maldestre e per niente seduttive, invitano i passanti a bere nei locali tirandoli per la giacca, mettendo loro le mani nelle tasche e così invadenti da farli fuggire. Un’altra zona, frequentata prevalentemente da arabi, la troviamo in Queen Square e sotto i portici, davanti e dentro l’Eddie’s Lodge, un ambiente tetro pieno di donne diversamente giovani. Non ci sono discoteche, solo dancing nei fine settimana e night club all’interno degli hotel più lussuosi. Manca la dimensione alternativa da freak che qui pare sconosciuta e che fa invece tendenza nelle isole spagnole e greche.

Al quarto giorno cambiamo di nuovo alloggio, questa volta siamo alla Guesthouse Midland vicino St Paul Street, alloggiati in una bella camera luminosa con un mega terrazzo affacciato sul porto di La Valletta. In modo sommario ci siamo fatti un’idea di com’è disposta la capitale, i trasporti, gli svaghi, la sua atmosfera di giorno e di sera, abbiamo inoltre il biglietto aereo in tasca ed ora che siamo rilassati possiamo finalmente fare i turisti. Viaggiare implica sempre uno sforzo mentale per comprendere quali sono i riferimenti spaziali e logistici del luogo, oltre ad osservare il modo di vivere della gente che li abita, solo dopo hai le condizioni per gustare ciò che vivi. È il turno del giro dell’isola in bus a farci comprendere che le distanze da una cittadina all’altra sono irrisorie. Malta è famosa per i siti storici collegati ai vari dominatori dell’isola, dai romani, ai mori, ai Cavalieri di San Giovanni, ai francesi e agli inglesi. Numerose sono le fortezze ed i siti megalitici. Rabat, nel centro dell’isola, dista appena 11 chilometri che percorriamo in 20 minuti. Dalla piazza maggiore di Rabat, con pochi passi, si arriva ai suggestivi vicoli dalle austere mura arabe di Mdina, l’antica capitale di Malta conosciuta anche come la “città silenziosa”. Il suo interno è stato arricchito da stupendi palazzi delle maggiori famiglie nobiliari maltesi. I primi insediamenti di quest’area risalgono al IV millennio a.C. I fenici fortificarono per la prima volta la città, probabilmente grazie alla sua posizione strategica nel punto più alto dell’isola.

Al quinto ed ultimo giorno, dulcis in fundo, la visita alla Concattedrale di San Giovanni, nel centro di La Valletta, per ammirare le splendide opere del tormentato e sanguigno Caravaggio. Michelangelo Merisi da Caravaggio arrivò a Malta nel 1607, dopo una rocambolesca fuga da Roma a causa dell’omicidio di un uomo, per il quale venne condannato a morte. Nel 1608 qui dipinse la Decollazione di San Giovanni Battista, il suo quadro più grande per dimensioni (5,20 x 3,61) incentrato sulla figura del boia col pugnale che s’appresta a vibrare il colpo finale. Immagine cruenta da togliere il fiato. L’obiettivo del Caravaggio era diventare Cavaliere per ottenere l’immunità e dopo questo dipinto, lo divenne ma ebbe un ulteriore scontro irruento per il quale venne rinchiuso nel carcere di Forte Sant’Angelo a La valletta, ben visibile dalla nostra terrazza, dove riuscì incredibilmente ad evadere e a rifugiarsi in Sicilia. Per questo due mesi dopo, i Cavalieri espulsero Caravaggio dall’Ordine con disonore e la qualifica di “membro fetido e putrido”, sentenza letta proprio davanti al suo grande quadro. Nella penombra della cattedrale, sulla parete a lato è stato posto l’altro dipinto del Caravaggio realizzato a Malta, dal titolo San Girolamo scrivente.

Venerdì 12 gennaio, si parte. Alle 6,30 siamo all’aeroporto, con gli egiziani che spingono e si accalcano, e alle 7,30 l’aereo decolla sul Mediterraneo per atterrare 2 ore e mezzo dopo al Cairo. Dopo una settimana dalla partenza da Modena siamo finalmente nel continente africano, da qui cercheremo di trovare i mezzi che di città in città ci conducano, via terra e con trasporti locali, a Città del Capo.

Meer Magazine