Sarawak – James Brooke e la dinastia dei Rajah Bianchi

A settecento chilometri da Singapore, ci troviamo sulla costa del Sarawak, l’affascinante stato della grande isola del Borneo colonizzato dalla dinastia dei Brooke, i Rajah bianchi d’origine inglese, artefici del più straordinario esperimento di governo personalizzato della storia. L’opera di civilizzazione dei Brooke, nei 95 anni della loro presenza su questo territorio, fu capace di traghettare lo stato del Sarawak dal Medioevo all’era moderna.

Il “Sarawak” è il fiume, dal quale prendeva il nome anche l’attuale capitale, situata alla confluenza del piccolo affluente Mata Kuching (“occhio di gatto”), ora canalizzato. Nel 1872 Charles Brooke cambiò il nome del villaggio da Sarawak a Kuching.

Oggi lo stato del Sarawak vanta un territorio grande quanto l’Inghilterra (abitato però da appena due milioni di persone) e rappresenta la destinazione prediletta dagli amanti della natura e dai viaggiatori in cerca di emozioni, per i suoi primitivi villaggi, i numerosi fiumi da risalire in barca, i trekking avventurosi che portano a grotte misteriose o si snodano in parchi nazionali dai fiori più grandi del mondo, oltre a spiagge immacolate e isole solitarie.

Ricoperto in gran parte da foreste vergini, habitat di grossi animali selvatici e di oltre 550 specie di uccelli, il Sarawak è popolato da gruppi etnici che si differenziano tra loro per tratti somatici, lingua, costumi e religione. Predominano gli Iban (Sea Dayak), fieri discendenti degli antichi cacciatori di teste, che tuttora vivono in tradizionali case comunitarie nascoste nella impenetrabile boscaglia tropicale. Altre etnie numericamente importanti sono quelle dei Bidayuh (Land Dayak), dei Melanau e dei Kayan, mentre la popolazione di origine cinese raggiunge quasi il 30%, rivelando così una complessa varietà di usi e culture. È una terra ricca di risorse naturali e un’economia basata principalmente sul legname e i giacimenti di gas liquido e petrolio nell’area di Miri e Bintulu, oltre a gomma, pepe, cacao, palme da olio, sago, nidi di rondine e riso.

Il fascino di questi luoghi non è però solo legato alla natura ma anche a una storia dai risvolti avventurosi e scientifici che ha alimentato sogni di avventurieri, conquistatori naturalisti e scienziati europei legati fra di loro dal sacro fuoco del coraggio, della sfida e della conoscenza. Storie di uomini e di mondi, a cavallo fra i primi dell’’800 e la prima metà del ‘900 che hanno ispirato scrittori e narratori. Ed è su questo terreno che vorrei puntare l’attenzione perché credo sia estremamente interessante.

Tutto inizia dalla forte attrazione per l’Oriente del giovane nobile James Brooke, bello e affascinante, nato in India nel 1803 da genitori inglesi. Figlio di un giudice britannico, a dodici anni viene mandato a studiare in Inghilterra ma ad appena sedici fa ritorno in India.

Entra nel Bengala Army e due anni dopo è già tenente di cavalleria. Allo scoppio della guerra birmana, nel 1824, James guida con successo le sue truppe ma viene ferito da un proiettile che gli entra in un polmone e la guarigione sarà lenta e difficoltosa, tanto da fargli perdere l’incarico presso “l’odiata, miope e opprimente” Compagnia delle Indie Orientali.

James Brooke era un infaticabile scrittore di lettere e di articoli in cui esprimeva il suo pensiero privo di inibizioni e questa sua franca esuberanza spesso non era gradita alle autorità dell’epoca. Giudicava più corrotti degli altri gli indiani che parlavano inglese e li considerava i meno degni di fiducia, riteneva i malesi infidi e non gli piacevano i cinesi, pur esaltandone le doti industriose e l’alta considerazione che avevano per l’istruzione.

Con la cospicua eredità ottenuta dalla morte del padre, avvenuta nel 1835, James inizia subito a dar forma ai suoi arditi progetti da mercante marittimo. Influenzato dagli scritti di Thomas Stamford Raffles (fondatore della città di Singapore) la sua meta lentamente diventa l’isola del Borneo. Acquista una goletta, schooner, armata di cannoncini chiamata Royalist, assume un equipaggio di una ventina di uomini e finalmente nel dicembre del 1838 parte con destinazione Estremo Oriente, via Rio de Janeiro e Città del Capo.

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